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venerdì 26 dicembre 2008

Anche le api, nel loro piccolo, 'sniffano'


Potente neurotossina che difende la pianta dagli insetti, a bassi dosaggi la cocaina stimola i loro centri della ricompensa proprio come nell'uomo.

In grado di stimolare fortemente nell'uomo i centri della ricompensa, la cocaina induce una forte dipendenza e ad alti dosaggi può essere letale. E proprio alla sua letale azione di neurotossina nei confronti degli insetti va cercata l'origine evolutuiva della sua sintesi da parte della pianta della coca.

Andrew Barron della Macquarie University a Sidney, in Australia, si è però chiesto quale fosse l'azione della cocaina sulle api, insetti in cui è in azione un potente circuito della ricompensa, che influisce sl loro comportamento. Per questo Barron in collaborazione con Gene Robinson dell'Università dell'Illinois a Urbana-Champaign ha ideato alcuni esperimenti per testare la reazioni di questi insetti a diversi dosaggi di cocaina.

Come è illustrato in un articolo pubblicato sul Journal of Experimental Biology, Barron ha addestrato i suoi insetti a visitare alcuni punti di rifornimento in cui potevano trovare una soluzione zuccherina, la cui concentrazione poteva variare di volta in volta. Successivamente ha applicato una minuscola goccia di soluzione con cocaina sul dorso degli animali, per vedere se al ritorno all'arnia danzassero o meno con particolare vigore. In effetti, a bassi dosaggi, le api esploratrici danzavano con estremo entusiasmo, come se la soluzione zuccherina fosse di una qualità di gran lunga superiore a quella effettiva.

La cocaina sembrava dunque aver stimolato i centri della ricompensa delle api ma – si sono chiesti ricercatori – la risposta alla droga era davvero simile a quella nell'uomo o erano stati stimolati altri aspetti del comportamento dell'insetto, che simulava quello di dipendenza?

Per prima cosa i ricercatori hanno testato se la cocaina agisse direttamente sui centri motori monitorandone i movimenti dopo la somministrazione di una dose, che però di per sé non ne alterava gli schemi.

Successivamente hanno constatato come la cocaina aumentasse la sensibilità allo zucchero. La domanda successiva diventava quindi: La cocaina aumenta specificamente la sensibilità allo zucchero o aumenta la risposta a tutte le ricompense?

A questo punto i ricercatori hanno offerto agli insetti polline al posto di zucchero, così da controllare l'effetto su varie ricompense "floreali". In tal modo hanno scoperto che anche polline di scarsa qualità provocava entuisiastiche reazioni nelle api drogate.

Ma anche le api diventano dipendenti dalla cocaina? Ulteriori esperimenti hanno in effetti mostrato che dopo pochi giorni, la sospensione della loro dose quotidiana le portava in astinenza e a difficoltà "di concentrazione", mostrando serie difficoltà ad apprendere compiti che le api normali, ed esse stesse sotto l'effetto ella cocaina, riuscivano ad apprendere.

Ora i ricercatori vogliono controllare se la diffusione della "neve" fra le api di un alveare può comportare effetti di disgregazione sulla socità delle api.

martedì 23 dicembre 2008

Nanotubi di carbonio al servizio dei neuroni

In prospettiva potranno essere usati come "mattoni" di nuovi sistemi di "bypass elettrico" per trattare danni traumatici al sistema nervoso centrale.
I nanotubi di carbonio sarebbero il materiale ideale per giuntare i circuiti neuronali cerebrali che si sono interrotti: lo afferma una ricerca italo-svizzera pubblicata sull'ultimo numero di "Nature Nanotechnology".

Lo studio, condotto da Michel Giugliano (ora all'Università di Antwerp) e Henry Markram del Laboratorio di microcircuiti neurali al Politecnico di Losanna, e Laura Ballerini dell'Università di Trieste ha mostrato che i nanotubi di carbonio - che sono altamente conduttori - possono formare contatti molto solidi con le membrane cellulari dei neuroni. A differenza degli elettrodi metallici attualmente utilizzati nella ricerca e nelle applicazioni cliniche, i nanotubi possono creare dei "cortocircuiti" fra i compartimenti distale e prossimale del neurone, dando origine a una maggiore eccitabilità dei neuroni.

"Questo risultato è di estrema rilevanza per il nascente campo della neuro-ingegneria e della neuroprotesica", ha spiegato Giugliano secondo il quale in prospettiva i nanotubi potranno essere usati come "mattoni" di nuovi sistemi di "bypass elettrico" per trattare danni traumatici al sistema nervoso centrale.

I nanoelettrodi al carbonio potrebbero essere anche usati per rimpiazzare le parti metalliche in trattamenti come la stimolazione elettrica profonda per i casi di Parkinson, e aprono la strada a una ampia varietà di materiali "intelligenti" utili per lo sviluppo di neuroprotesi.

"Ci sono tre ostacoli fondamentali allo sviluppo effettivo delle neuroprotesi - ha affermato Markram - il primo è l'interfacciamento stabile delle apparecchiature elettromeccaniche con il tessuto nervoso; il secondo è la comprensione di come stimolare il tessuto nervoso; e infine il terzo è la comprensione di quali segnali nervosi registrare affinché l'apparecchiatura decida in modo automatico e appropriato lo stimolo. La nuova tecnologia di interfaccia al nanotubo di carbonio, unita con le più recenti simulazioni delle interfacce cervello-macchina può essere la chiave per lo sviluppo di tutti i tipi di neuroprotesi, per la vista, l'udito, il gusto, il movimento, l'eliminazione degli attacchi epilettici, il bypass spinale e anche per la riparazione e perfino il miglioramento delle funzioni cerebrali."

mercoledì 17 dicembre 2008

Rivedere al monitor i propri sogni


Per ora i ricercatori sono riusciti a riprodurre dal cervello solo semplici immagini grafiche, ma la tecnologia, mira a "estrarre" sogni e altri segreti dalla mente della persone

Un gruppo di ricercatori giapponesi degli ATR Computational Neuroscience Laboratories è riuscita a elaborare e visualizzare immagini "riprese" direttamente dal cervello umano: lo riferiscono gli autori in un articolo (Visual Image Reconstruction from Human Brain Activity using a Combination of Multiscale Local Image Decoders) pubblicato sulla rivista "Neuron".

Per il momento i ricercatori sono riusciti a riprodurre dal cervello soltanto semplici immagini grafiche, ma una volta raffinata e sviluppata la tecnologia, affermano, potrà alla fine essere utilizzata per "estrarre" sogni e altri segreti dalla mente della persone.

"Per la prima volta al mondo è stato possibile visualizzare direttamente dall'attività cerebrale ciò che una persona vedeva. Applicando questa tecnologia può diventare possibile registrare e riprodurre le immagini soggettive che le persone esperiscono nei sogni", hanno osservato i ricercatori.

Quando una persona osserva un oggetto, la retina codifica sotto forma di segnali elettrici un'immagine che, così codificata, è inviata alla corteccia visiva. I ricercatori, guidati da Yukiyasu Kamitani, sono riusciti a tracciare i segnali e a ricostruire ciò che una persona stava vedendo. Nei loro esperimenti i neuroscienziati hanno mostrato ai loro soggetti le sei lettere della parola neuron e successivamente sono stati in grado di ricostruire le lettere su un monitor collegato a un computer che misurava e decodificava i segnali cerebrali. Per estrarre l'immagne basandosi sulla rilevazione dei contrasti, i computer hanno esaminato, per ogni immagine mostrata, qualcosa come 2 alla 100 stati alternativi possibili di voxel ("pixel" tridimensionali).

venerdì 12 dicembre 2008

Memoria antichissima

E' stato rinvenuto in Inghilterra quello che potrebbe essere il cervello piu' antico risalente a oltre 2000 anni fa.
Il cervello, trovato nei siti archeologici di Heslington East, si e' conservato per qualche rarissimo meccanismo di 'fossilizzazione', forse e' stato usato in un rituale religioso e questo avrebbe impedito ai tessuti interni di decomporsi.
L'annuncio e' di archeologi dell'Universita' di York.

giovedì 11 dicembre 2008

Glutatione: difesa naturale dalla SLA

La conoscenza del cammino metabolico che consente ai neuroni di rimanere sani nonostante la SLA può aiutare la progettazione di farmaci in grado di attivare i sistemi di protezione dei nervi.

Un gruppo di ricercatori dell'Università del Wisconsin a Madison è stato in grado di allungare la vita e rallentare il deterioramento dei nervi in topi geneticamente portatori di una forma di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) fornendogli un gene extra, chiamato Nfr2, che consentiva loro di far produrre da parte degli astrociti quantitativi in più dell'antiossidante glutatione.

Sebbene l'ossidazione sia una delle cause principali della morte cellulare in malattie come il Parkinson, l'Alzheimer e la SLA, finora i tentativi di rallentarne la progressione sfruttando antiossidanti non avevano sortito i risultati desiderati.

"Di fatto è estremamente difficile aumentare i livelli di glutatione nel sistema nervoso centrale", ha osservato Jeffrey Johnson, che ha diretto la ricerca e firma un articolo in proposito sul Journal of Neuroscience. "Non si può semplicemente iniettarlo nell'animale o nella persona. Ma noi abbiamo trovato un aumento del 25 per cento della molecola nel midollo spinale del nostro topo."

Sebbene il topo, portatore di una forma estremamente aggressiva di SLA, alla fine sia morto comunque della patologia, la sua vita è stata notevolmente allungata - di un periodo equivalente, nell'uomo, a 10 anni - rispetto ai topi di controllo portatori della stessa forma genetica di SLA, ma privi di geni Nrf2 in sovrannumero.

Il gene inserito Nrf2 era attivo solamente negli astrociti, cellule di supporto che promuovono la salute dei neuroni che trasportano i segnali, ha spiegato Johnson. "Abbiamo preso questa normale funzione di produzione di antiossidanti e l'abbiamo potenziata, in un certo senso 'dopandola'. Nello studio non abbiamo preso di mira la proteina che causa la malattia, ma il meccanismo degli astrociti che deve proteggere i neuroni. La proteina mutante è sempre presente in tutte le cellule del midollo spinale, ma facendo sovra-esprimere il gene Nrf2, abbiamo fatto produrre più glutatione, e questo ha fornito la protezione."

Nonostante il risultato sia promettente, i ricercatori sottolineano che in generale l'inserimento di geni in pazienti, attraverso una terapia genica, ha dato finora scarsi risultati clinici. Tuttavia, sottolineano, la conoscenza del cammino metabolico che consente ai neuroni di rimanere sani nonostante la SLA può essere di grande aiuto per la progettazione di farmaci che possano raggiungere il cervello e là stimolare l'attivazione del sistema Nrf2. Di fatto attualmente i ricercatori dell'Università dei Wisconsin a Madison stanno iniziando a testare circa 50.000 molecole per controllare la loro capacità di attivare Nrf2.

martedì 9 dicembre 2008

I segreti della divisione cellulare

Identificato un meccanismo chiave grazie al quale le cellule rimodellano il loro citoscheletro per andare incontro ai cambiamenti di forma necessari a dividersi


Un gruppo di ricercatori dell'Università dell'Oregon e dell'Università della California a San Diego ha scoperto un meccanismo critico per la citocinesi, la fase finale della mitosi, quando una cellula si divide in due cellule figlie identiche.
I ricercatori - che illustrano il loro studio in un articolo su "Science" - hanno aperto un nuovo spiraglio sulla comprensione dell'assemblamento di filamenti di actina e miosina che si contraggono al momento giusto per per "strozzare" la cellula, concentrandosi sulle proteine chiave il cui ruolo guida i meccanismi di segnalazione che promuovono la produzione dei microfilamenti lineari e ramificati sul lato interno della membrana di una cellula in divisione. Attraverso segnali che inducono una minor produzione di microfilamenti ramificati, la membrana diventa più malleabile e capace di ripiegarsi all'interno durante la strozzatura, consentendo il completamento della citocinesi.
Lo studio ha in particolare riguardato i meccanismi con cui alcune GTPasi, che legano e idrolizzano il GTP in GDP, influenzano la modulazione della produzione di microfilamenti.
"Abbiamo scoperto un modo completamente nuovo di pensare a come le cellule rimodellano il loro citoscheletro per andare incontro ai cambiamenti di forma necessari a dividersi e produrre cellule figlie. Alcune di queste proteine erano già il bersaglio di alcuni farmaci antitumorali. Ora abbiamo l'opportunità di studiare e comprendere come certe proteine stabilizzano i microfilamenti all'interno delle cellule e ne inibiscono la divisione, e di come altre proteine agiscono per modulare la rigidità della membrana cellulare per permettere i cambiamenti di forma necessari alla divisione e alla proliferazione", ha osservato Bruce Bowerman, che con Karen Oegema ha diretto la ricerca.

Nel buon vino i segreti dell'effetto serra

L'alcool del vino conserva traccia della CO2 di origine fossile presente in atmosfera nell'anno della vendemmia

Lo studio dettagliato del contributo che ogni regione ha dato nel corso della storia all'emissione di CO2 legata al consumo di combustibili fossili può aiutare a mettere a punto modelli che prevedano gli effetti climatologici dei gas serra a scala continentale.
Per misurare le concentrazioni di CO2 di origine fossile nelle differenti località è sufficiente eseguire dei campionamenti dell'aria e quindi esaminare i rapporti fra i diversi isotopi del carbonio. Ma se si vuole ottenere una serie storica bisogna rivolgersi a qualcosa di meno volatile e i vegetali, che assorbono il biossido di carbonio dall'aria, sono i primi candidati per questo tipo di indagine.
Ma quali vegetali potrebbero fornire in modo agevole una serie storica abbastanza lunga e precisa per un intero continente, o quasi? Alcuni ricercatori dell'Università di Groningen hanno pensato che la risposta ideale è celata nel vino. L'alcool che risulta dalla fermentazione degli zuccheri presenti nei grappoli porta con sé infatti gli isotopi del carbonio originali.
"L'analisi del carbonio-14 nell'alcool del vino è un eccellente complemento alle usuali misurazioni in atmosfera, anche se prima di poter convertire le misurazioni della CO2 in quantità di combustibili fossili bruciati abbiamo avuto bisogno di informazioni sul movimento delle correnti d'aria, già forniteci per la Germania da un collega. Il trasporto atmosferico varia infatti in modo significativo di anno in anno ed è quindi importante avere dettagliate informazioni regionali".
Con l'aiuto di colleghi sparsi in tutto il continente i ricercatori hanno finora collezionato 160 bottiglie provenienti da molte regioni d'Europa per un lungo arco di tempo: "Su questa base - ha detto Sanne Palstra, che dirige la ricerca - potremo creare una meravigliosa mappa regionale del consumo di combustibili fossili nell'arco di un buon numero di anni". Le bottiglie di cui dispongono coprono, infatti, già il periodo che va da oggi al 1973.
I primi risultati dello studio sono stati pubblicati sull'ultimo numero del Journal of Geophysical Research, ma oltre al primo tassello della mappa storica dei consumi di combustibili fossili in Europa, i ricercatori hanno ottenuto un altro risultato: quello di diventare molto popolari fra i colleghi del loro istituto. Per le loro analisi sono infatti sufficienti 100 millilitri del contenuto di ciascuna bottiglia. Il resto, ovviamente, non viene buttato, ma offerto ai colleghi.